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Lasciarsi guardare dal Risorto

E non dissero niente a nessuno perché erano impaurite (Mc 16, 8).
Così risuonò il primo lieto annuncio di Pasqua in Marco il primo evangelista … ma proviamo ad ascoltarlo perché forse può illuminare la nostra fede e le nostre incredulità entro la tempesta delle emozioni e della sofferenza. Forse ciascuna delle donne, incapace anche di aprirsi alla confidenza con le altre per il troppo timore e per gli infiniti dubbi, tra sé pensava più o meno così:

Non lo vidi e come potevo credere? Non era lì, come potevo dire «andate in Galilea», ritornate sui vostri passi? Chi avrebbe potuto credere a una visione che mi aveva tanto spaventa? Non era forse proiezione dei miei desideri, delle mie paure? Un annuncio di luce là dove regnano le tenebre, per chi è credibile? Non forse solo per i visionari e gli illusi? Un raggio di luce, poche parole e poi ancora assenza e silenzio. Ci voleva un incrocio di sguardi, qualcosa che sorpassasse il muro del silenzio e dell’assenza, un’altra testimonianza oltre gli infiniti dubbi, il silenzio, l’assenza … certo, quegli oli aromatici rimasti inutilizzati spandevano profumo, ma attendevano un corpo …

Ma perché Marco probabilmente pensò di chiudere il suo Vangelo su questo silenzio e su questa paura? Bastava così? Forse sì, in una comunità che celebrava il Risorto e aveva imparato dal centurione a riconoscere nella debolezza dell’umanità crocifissa il Figlio di Dio. Nella debolezza della nostra incredulità anche l’assenza e il silenzio sono annuncio: “Non è qui come luce inequivocabile, come certezza incontrovertibile, vi attende nella quotidianità dei vostri dubbi e dei vostri desideri, sepolcri ormai aperti dal crocifisso Risorto”.

Ma ecco Maria Maddalena non si staccava da quell’altrove ormai vuoto del sepolcro ed i suoi occhi colmi di lacrime erano incapaci di vedere … altre parole, ma non il corpo, ed il suo sguardo chiuso nel suo dolore. Ancora una volta Gesù si piegò umile davanti all’incredulità umana ed al dominio del dolore. Venne, si fece vedere, ma ancora non bastò … chiamò per nome … Maria

Il mio nome in bocca a Dio è annuncio di risurrezione. Non è infatti morto e risorto, se non per chiamarmi nella sua Vita. Per questa ogni annuncio di risurrezione è una chiamata, un mandato.

Anche i due che camminavano verso Emmaus e si dicevano sconvolti per l’annuncio della risurrezione portato dalle donne, non riuscirono a riconoscere il Risorto accanto a loro. Loro, loro si sapevano tutto quanto era accaduto eppure la tristezza dei loro ragionamenti umani non poteva comprendere la risurrezione.  Dicevano, avevano le parole, ma erano incapaci di gioire, di benedire Dio. Ma ecco, lo sconosciuto rimase con loro alla mensa delle loro parole tristi e delle loro speranze infrante prese il pane, pronunciò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro … Il Signore è con noi per aiutarci a passare dal dire al dire bene, dai discorsi umani alle parole aperte a Dio, capaci di Dio. È con noi, è per noi e scompare per rimanere vivente nelle nostre parole, nei nostri gesti, nei nostri passi, nella nostra appartenenza a una comunità (e il digiuno eucaristico di questi mesi possa suscitare in tanti giovani il desiderio di offrire la propria vita per il rendimento di grazie e per il pane spezzato, per il farsi nostro cibo del Risorto).

Ma com’è consolante che gli annunci della risurrezione e le apparizioni del Risorto siano segnate da tanta incredulità, quasi una lotta tra lo sconforto e l’amore, tra la sfiducia e l’accoglienza (e ciascuno di noi ne sa forse qualcosa). Già perché la manifestazione di Dio è inizio di cammino, non conclusione: “Signore, com’è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?” “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 22 – 23). Dunque con tutti i nostri dubbi amiamo, osserviamo la Parola, facciamo Loro spazio in noi.