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Lettera dell'Arcivescovo di Milano e
dei Vescovi lombardi
L’educazione alla preghiera è tra i compiti irrinunciabili dell’azione pastorale della Chiesa. Essa infatti, sull’esempio di Gesù, perfetto orante, e in obbedienza al suo insegnamento, è chiamata a presentarsi come «comunità orante» e insieme come «maestra di preghiera» per tutti i suoi figli.
La liturgia, che dell’agire della Chiesa è — come ci ricorda Sacrosanctum Concilium — il «culmine» e la «fonte», è il luogo per eccellenza nel quale i fedeli, ammaestrati dallo Spirito Santo, possono apprendere l’arte della preghiera per dare attuazione al comando del Signore «di pregare sempre senza stancarsi mai» (Lc 18,1).
Ora, per non ostacolare l’opera dello Spirito Santo, che, quale nostro maestro interiore, ci insegna a pregare nella liturgia e con la liturgia, sono richieste almeno due condizioni previe: uno stile celebrativo che favorisca la preghiera di tutti e di ciascuno; una catechesi rivolta a tutti i partecipanti al rito liturgico che aiuti a interiorizzare tutta la ricchezza della preghiera liturgica.
Uno stile celebrativo favorevole alla preghiera è dato anzitutto da colui che presiede l’assemblea dei fedeli in forza del sacerdozio ministeriale. Egli, agendo «nella persona di Cristo capo», rende visibile e operante Gesù, sommo sacerdote, sempre vivo per intercedere per noi presso il Padre. Di conseguenza, ogni sacerdote nella liturgia che presiede è chiamato a pregare come pregava Gesù, a stare davanti al Padre, cui è rivolta la preghiera liturgica, come Gesù, con lui, in lui e per mezzo di lui.
Nella sua preghiera si specchia la preghiera di tutti i fedeli. Egli è il modello esemplare della preghiera della sua comunità, e il popolo cristiano apprende da lui come si loda Dio e come si intercede per i fratelli. Come è bello e consolante sentire i fedeli che, al termine della messa, esprimono la loro sincera ammirazione per il sacerdote celebrante perché «si vedeva che pregava». Così capitava a coloro che «assistevano» alle liturgie presiedute dal beato card. Alfredo Ildefonso Schuster. Non tutti ricordavano le sue parole, ma tutti erano toccati nel profondo dal suo modo di celebrare che era tutt’uno con il suo modo di pregare.
Alla preghiera di chi presiede l’assemblea liturgica si accompagna la preghiera di tutti i fedeli, presenti al rito nella forma comune o nello specifico svolgimento di un servizio ministeriale (diaconi, accoliti o ministri straordinari della comunione eucaristica, lettori, cantori, ministranti, ecc.).
Sacrosanctum Concilium parla di una partecipazione «piena», interiore ed esteriore, in cui le facoltà umane dell’intelletto, della volontà e del sentimento sono messe al servizio della fede, della speranza e della carità, dell’adorazione, della lode e della supplica. Tutto l’essere dell’uomo, rinnovato dalla grazia divina, è cosi chiamato a un’esperienza, insieme sensibile e spirituale, dell’incontro con il Padre, per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo.
La scommessa di una «piena» partecipazione dei fedeli, che trasforma la presenza ai riti liturgici in autentica esperienza di preghiera, può essere vinta là dove si dà spazio al silenzio: nel silenzio che precede la celebrazione prendiamo coscienza di ciò che siamo chiamati a compiere; nel silenzio che introduce l’atto penitenziale ci riconosciamo peccatori; nel silenzio meditativo al termine dell’omelia la Parola di Dio prende dimora in noi; nel silenzio dell’elevazione adoriamo la presenza viva del Signore; nel silenzio dopo la comunione riconosciamo con gratitudine il dono ricevuto che ci trasforma. La cura attenta e appassionata di ogni celebrazione liturgica perché «per mezzo dei riti e delle preghiere» ogni fedele possa incontrare il Signore da sola però non basta. E necessario che, periodicamente, nelle nostre comunità cristiane vengano attivati dei percorsi di catechesi liturgica «popolare», che introducano al senso, ai modi e ai contenuti della preghiera liturgica e ne mostrino la fecondità in ordine alla preghiera cristiana. Se, da una parte, infatti siamo chiamati a vivere la liturgia come preghiera, dall’altra, dobbiamo far sì che ogni celebrazione educhi e formi alla preghiera, diventando la prima e fondamentale scuola di preghiera.
Per fare solo un esempio, in ogni liturgia siamo incessantemente educati al respiro trinitario della preghiera cristiana. Dal segno di croce introduttivo alla benedizione finale, dalle piccole orazioni disseminate nella celebrazione ai grandi testi orazionali (preghiere eucaristiche, preghiere di ordinazione, preghiere di benedizione, ecc.), tutto ci ricorda che il termine della nostra preghiera, come ci ha insegnato Gesù, è il Padre, e che le ali che portano al Padre la nostra preghiera sono il Figlio (per Cristo, con Cristo e in Cristo) e lo Spirito Santo (nell’unità dello Spirito Santo).
Ecco dunque l’auspicio per il nuovo anno liturgico. Che nelle nostre comunità cristiane, i presbiteri, i diaconi e i laici ritrovino nella liturgia celebrata la sorgente cui attingere per imparare a pregare come Gesù ci ha insegnato.
I Vescovi lombardi
Milano, 29 giugno 2017,
Festa ss. Pietro e Paolo, apostoli
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In: Guida pastorale per le celebrazioni liturgiche
Ed. a cura della Commissione Liturgica Regionale Lombarda
Rito Ambrosiano – Anno 2017/2018
I.T.L., Milano, 2017, pp. 9-10..