La vita dei santi è norma di vita
Il cero pasquale 2022
Eccoci ancora qui davanti ad una nuova tappa del cammino, che si è fatto scoperta sempre più profonda di come il cero pasquale ci accompagna attraverso la sua presenza. Il suo significato più autentico ce lo mostra come luce che indica la via, ma questo concetto, benché semplice, nasconde in realtà una grande varietà di rappresentazioni.
Il tema di quest’anno è nato dal desiderio di fare sintesi di tutti gli elementi che fino ad oggi abbiamo visto rappresentati sul cero: la luce, le acque battesimali e i fiori con il loro profumo.
Cosa può tenere insieme questi elementi? O meglio chi può racchiudere in sé tutto questo?
Ecco che il cero, quest’anno, porta scritte su di sé le figure dei Santi.
L’accento è sempre volto a comprendere come il cero sia luce che guida il cammino verso Cristo e il santo è certamente un uomo o una donna che ci precede, che apre la via. È una figura che con la sua vita rende chiaro un orizzonte di pienezza e di luce. Dice sant’Ambrogio: La vita dei santi è norma di vita e noi possiamo seguire sulle loro orme risplendenti, per così dire, una specie di sentiero (Dal Trattato su Giuseppe 1,1).
Tante volte ci viene spontaneo chiederci se il cammino di santità è per tutti.
Sì, è un cammino possibile e dato a tutti i battezzati! Attraverso il nostro battesimo veniamo inseriti
in Cristo e abilitati alla sua stessa vita, siate santi perché io sono santo (Lv 11,44; 19,2).
Papa Francesco a proposito della santità possibile per tutti scrive: Molte volte abbiamo la tentazione
di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle
occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad
essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di
ogni giorno, lì dove si trova. (Gaudete et exultate n°14)
In questa via, in questo cammino di sequela abbiamo davanti a noi, come fiaccole, delle persone
amiche da invocare sempre. Quando ci sentiamo abbattuti, quando vince lo sconforto e facciamo
fatica a respirare, ma anche quando siamo nella gioia, noi possiamo rivolgerci ad un santo, parlare
con lui come ad un amico, ad un confidente. Nelle nostre famiglie ci fa bene avere dei santi protettori con cui intessere una vera e propria relazione di amicizia.
Come accennato prima, i santi sono in stretta relazione con il battesimo poiché sono coloro che hanno portato a compimento la loro vita battesimale. Chi ha ricevuto la grazia del battesimo ha fatto l’esperienza di essere immerso nelle acque della salvezza, immerso nella vita di Cristo: morto e risorto con Cristo. Sappiamo però che dentro di noi coabitano il bene e il male, che insieme alla luce nel nostro cuore si annidano le tenebre. È questa la lotta con cui dobbiamo fare i conti. Quando siamo lontani dalla luce, lontani da Dio, la realtà si distorce ed entriamo allora in quella lotta in cui siamo chiamati a convertire i nostri pensieri cattivi in pensieri buoni, in pensieri di pace, come ci ha suggerito papa Francesco in questo momento così drammatico della storia. I santi sono propriamente persone che continuamente hanno lottato per seguire il Signore, hanno cambiato strada, non sono persone che non hanno mai sbagliato e irreprensibili, ma appunto uomini e donne continuamente convertiti dall’amore del Signore. E cambiando loro stessi hanno cambiato il mondo.
Sull’esempio dei santi anche noi siamo chiamati a vivere una continua re-immersione nelle acque battesimali. Questo avviene soprattutto quando ci accostiamo al sacramento della riconciliazione che ci fa fare esperienza del perdono di Dio, ci riavvicina alla luce e ci permette di recuperare la nostra vera natura che è luce. La misericordia di Dio, che sempre ci precede, ogni volta ci fa fare l’esperienza di essere tutti lavati e purificati nello sguardo.
Quando l’esistenza di una persona, magari ancora in vita, è particolarmente affascinante si dice che la sua vita profuma di santità. La vita dei santi è spesso paragonata ad un profumo. Profumo gradito che sale a Dio, soprattutto quando si parla della loro preghiera. Anche nella sua regola sant’Agostino scrive, riferendosi alla vita comune di monaci e monache: esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, rievocando così il passo della scrittura che dice: noi siamo infatti dinnanzi a Dio il profumo di Cristo (2 Cor 2,15).
Sul cero di quest’anno abbiamo scelto di rappresentare i santi di casa, coloro che hanno guidato la vita di chi si è avvicendato su questo Monte e che tutt’ora indicano una via, muovono a conversione.
Sono presenti quattro figure di santi incorniciate da due simboli: in alto troviamo le stelle, corpi celesti di cui l’uomo da sempre si è servito per orientarsi, per trovare la strada, la rotta. Anche Dio si è servito di una stella per guidare i magi e quindi l’umanità intera −da oriente ad occidente per la tradizione occidentale e dal più giovane al più anziano per la tradizione orientale−, verso Gesù.
In basso troviamo l’acqua a significare le acque battesimali, dove anche noi siamo diventati luminosi,
capaci di seguire Cristo e di indicare, a nostra volta, la via che conduce a lui.
Al centro di questi due simboli troviamo, a partire dall’alto, i santi Ambrogio (sulla destra) e Agostino (sulla sinistra). Sant’Ambrogio è rappresentato, nelle vesti e nei gesti, secondo la visione avuta dalla beata Caterina descritta nel codice della sua vita: Quella medesima notte Dio le mandò in visione il glorioso confessore e dottore egregio, e padre suo, Sant’Ambrogio, vestito tutto di bianco e ornato pontificalmente con tre catene in mano, delle quali ne presentò una a lei (Codice 1, 23 r).
Le tre catene che tiene in mano indicano la schiera dei martiri, dei confessori della fede e delle vergini, quest’ultima catena viene consegnata alla beata Caterina. Questo santo non solo è un grande padre della Chiesa e patrono principale della nostra diocesi, ma è anche padre del nostro ordine, da lui prendiamo il nome di Romite Ambrosiane. Il suo mantello tiene dentro le figure delle due Beate come a generarle e a evidenziarne l’appartenenza.
Sant’Agostino, vescovo e monaco, si trova alla sinistra di Ambrogio e tenendo in mano la regola da lui scritta la fa scendere sopra la beata Caterina; una volta costituito il cenobio, infatti, la Chiesa consegnò la regola di Sant’Agostino alla nuova famiglia monastica. Sul cartiglio si trova scritto uno degli ultimi punti della regola.
Sotto questi due padri del nostro ordine troviamo le nostre madri Caterina e Giuliana.
Caterina, assidua frequentatrice delle sacre scritture −cosa assai rara per l’epoca− con un braccio regge le scritture e con l’altro accoglie Giuliana come ci racconta la storia della loro vita.
Giuliana, ritenuta invece illetterata, aveva speso la sua vita nella carità verso il prossimo, accogliendo i pellegrini che salivano al monte e donando loro dell’acqua, tradizione ancora viva oggi nel nostro monastero. Tiene per questo in una mano un mestolo che si immerge e attinge direttamente dalle acque battesimali. L’acqua per chi ha sete è qualcosa che ristora, è un bisogno necessario che ci rende in un certo senso dipendenti. Dare da bere agli assetati è un’opera di misericordia. Ma c’è anche un’altra sete da estinguere, una sete più profonda, è la sete di Lui che è acqua che disseta in eterno (cfr. Gv 4,14), un’acqua appunto che zampilla dalla Parola di Dio e dai sacramenti della Chiesa. Così le nostre Beate con la loro vita e la loro diversità rispondono alla richiesta estrema di Gesù sulla croce: “Ho sete” (Gv 19,28). Egli ha sete di noi, del nostro amore e le nostre Beate, con i loro gesti di prossimità, portano e conducono a Lui chi si accosta a loro.
I santi ci danno coraggio nel tempo presente e non ci illudono, ci sono accanto nell’oggi della nostra storia che è segnata dall’incertezza e dal buio, ma come capiremmo la luce se non ci fosse, se non avessimo fatto esperienza del buio? I santi sono questa luce nella notte della malattia e della guerra.
Loro a gran voce possono dirci: coraggio!
Sono testimoni autorevoli perché anche la loro vita ha conosciuto momenti di oscurità. Per questo le quattro figure rappresentate sul cero sono immerse nella luce, sono luce e sono nella luce perché hanno raggiunto la meta. L’oro che le avvolge richiama la visione della Gerusalemme celeste descritta nel libro dell’Apocalisse: le cui mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo (21, 18).
Sin dall’antichità la veglia pasquale porta scritta in sé una forte tensione escatologica, essa ci fa volgere lo sguardo verso colui che viene per portare a compimento la storia. Il cero di quest’anno vuole proprio coinvolgerci e attirarci verso quella città futura che già stiamo costruendo e che è per noi meta, speranza e soprattutto dono che scende dal cielo, da Dio.
Romite Ambrosiane
Sacro Monte di Varese,
Santa Pasqua 2022