LA SPERANZA NON DELUDE.
Non disperare e scegli dove poter collocare la tua speranza
(Sant’Agostino)
Il tema della speranza è posto al centro quest’anno da Papa Francesco con l’indizione dell’anno giubilare.
Un anno di grazia per tutti, occasione che ci fa tutti pellegrini e ci mette in cammino.
In questo Giubileo cadrà una ricorrenza molto significativa.
Si compiranno, infatti, 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio Ecumenico, quello di Nicea
(20 maggio 325).
Questo concilio fu di vitale importanza perché si preoccupò di preservare l’unità del Popolo di Dio, minacciata dalle affermazioni di Ario che negavano la divinità di Gesù e la sua uguaglianza con il Padre.
Fu importante perché più di trecento vescovi, convocati dall’imperatore Costantino, arrivarono insieme alla stesura di un testo che ancora oggi professiamo (con qualche aggiunta avvenuta successivamente) e lo fecero affermando: noi crediamo. Un noi significativo che dice di una comunione e di un’appartenenza alla stessa fede (Cfr. Spes non confundit, 17).
Questo ci richiama a sperare nel cammino di unità delle Chiese e a continuare, ciascuno per la propria parte, a dare il suo contributo.
Quest’anno, oltre alla ricorrenza di Nicea, vivremo una coincidenza anch’essa significativa: tutte le Chiese d’Occidente e d’Oriente celebreranno la Pasqua il 20 aprile e anche la Pasqua ebraica terminerà lo stesso giorno!
Creare unità è l’intima gioia dello Spirito sia a livello personale, sia come comunità di credenti. È la prima testimonianza che Gesù ci chiede di dare come segno della nostra appartenenza a lui. Ed è inoltre la vocazione del monaco, essere monos, ovverosia unificato. Ogni realtà che il peccato ha disgregato, attraverso l’opera dello Spirito e la volontà di conversione, ritrova la sua unità e la sua originaria bellezza.
Ora, il Credo viene detto anche Simbolo e l’elemento Simbolico è molto importante e significativo perché è capace di mettere insieme due realtà apparentemente separate.
Il termine symballo, da cui simbolo, significa proprio mettere insieme. Anticamente era il modo per stipulare un patto. Si prendeva un oggetto e in modo irregolare si spezzava in due, così che i due che avevano stipulato il patto tenevano, a garanzia del patto stesso, ciascuno una parte dell’oggetto. Questa dinamica è molto interessante se applicata a ciò che chiamiamo il simbolo della nostra fede. Immediatamente ci possiamo accorgere che ciò che noi diciamo si collega a una realtà che supera quello che semplicemente pronunciamo con le labbra. E se questo vale per noi qui come vale per una persona di un’altra etnia o provenienza geografica, vuol dire che la dimensione simbolica, che oggi si dice che l’uomo abbia un po’ smarrito, non è estinta ma è semplicemente assopita, vuol dire che in ciascuno di noi è iscritto un linguaggio simbolico che ci permette di stare in collegamento con qualcosa di più grande, con qualcosa che ci trascende. Il Simbolo ci porta come per attrazione misteriosa all’incontro con colui che ha l’altra parte dell’oggetto, in definitiva se ascoltato ci porta direttamente a Dio.
Il Simbolo che professiamo ancora oggi è il frutto della fede che la Chiesa attraverso le vicende della storia ci consegna. Esso ci aiuta a fissare lo sguardo sull’oggetto della nostra speranza più profonda.
Quando facciamo nostre queste antiche parole, ripetendole e standoci dentro senza pretendere di capirle subito e totalmente, possiamo recuperare la fede che ci viene trasmessa e sentirla come qualcosa che ci abita profondamente, una porta aperta che ci introduce in una dimensione più profonda di noi stessi. Quella porta è la stessa porta che simbolicamente si è aperta in questo Giubileo e che siamo chiamati ad attraversare. Quella porta è Gesù stesso che ci chiede di passare attraverso di lui per essere compartecipi della sua stessa esistenza, della relazione tra lui e il Padre e lo Spirito, della sua morte e risurrezione! In lui tutto si è fatto attraversabile: ogni paura, ogni ansia e perfino la morte!
La nostra fede ci fa dire: credo la vita eterna. È questa la vera speranza, ciò che ogni uomo desidera profondamente: una vita dove la fine ha il sapore di un nuovo inizio. Una vita che non finirà nel nulla o nel buio.
Speriamo che ciò che abbiamo piantato oggi non si secchi domani, che i nostri nomi rimangano scritti nei cieli, che nulla vada perduto!
Siamo fatti per l’infinito e per la vita eterna.
La sorpresa più grande non sta solo nel fatto che la vita eterna esiste, ma soprattutto nel fatto che già ora noi possiamo fare esperienza di questa vita vissuta in pienezza; possiamo in qualche modo nelle nostre giornate farne esperienza attraverso gesti che hanno il sapore di eternità, come il sorriso di un bambino, la riconciliazione dopo un conflitto, la cura degli anziani… e tanti altri gesti d’amore che rimarranno per sempre scritti in Dio.
Se non accogliamo il dono di questa vita, siamo tentati di prendercela da noi, di volercela dare da soli e la ricerchiamo in modo spasmodico e disordinato, vogliamo afferrarla con le armi del potere e questi tempi di guerra e di violenza ne sono l’esempio più lampante. Paradossalmente oggi più che mai è possibile rintracciare in questa oscurità la fiammella ancora accesa della speranza, quella che lo Spirito ci dona attraverso piccoli eventi che hanno il sapore di futuro, che ci aiutano a sperare contro ogni speranza.
Significativamente sul cero pasquale di quest’anno si trova trascritto interamente il Simbolo Niceno, nella versione ampliata successivamente e che oggi professiamo, quella niceno-costantinopolitana.
Il testo è inciso nella cera d’api e dorato nelle parti più significative, alle quali i Padri conciliari stessi hanno voluto dare maggior importanza.
Ad aprire il testo l’Ottagono per ricordare il legame del Credo con il Battesimo. Per lungo tempo i cristiani hanno costruito la vasca battesimale dove si immergevano i catecumeni a forma ottagonale, a indicare che nel fonte viene inaugurato l’ottavo giorno, un tempo aperto sull’eternità (Cfr. Spes non confundit, 20).
A chiusura del testo viene riportato il logo del Giubileo di quest’anno.
Il Credo è l’espressione della fede della Chiesa, è la porta stretta che si spalanca e che giorno dopo giorno ci conduce sempre più all’incontro con il Risorto, nostra sola speranza!
Buon cammino a tutti e buona Pasqua!