SANT’AMBROGIO
MAESTRO DELLA NOSTRA VITA CRISTIANA
Il riferimento a sant’Ambrogio è un punto fondamentale della nostra spiritualità. Caterina ebbe una grande devozione per sant’Ambrogio, che sentì lungo la sua esperienza come Padre, anzitutto per sé e poi anche per le sue sorelle. In lui anche noi oggi riconosciamo un maestro per la nostra vita cristiana. Dai suoi scritti sulla verginità, da tutta la sua opera e dalla sua stessa esistenza, scaturiscono per noi indicazioni e valori che, validi ai suoi tempi come anche oggi, possono formare e caratterizzare la vita.
Le fonti attualmente reperibili documentano per la prima volta al 922 la presenza di una basilica intitolata a Santa Maria, Madre di Dio, meta già da allora di numerosi pellegrinaggi.
L’uomo e la misericordia di Dio:
«felix ruina»
Si tratta, per esempio, della concezione dell’uomo, creatura fragile e segnata dal peccato, ma redenta; e della misericordia di Dio, che sa far servire al bene anche il male: è di sant’Ambrogio l’espressione «felix ruina», in cui persino il peccato è detto «felice», perché ci ha procurato l’azione di salvezza di Dio, la sua attenzione e redenzione. L’uomo è per sant’Ambrogio quella creatura in cui Dio ha trovato riposo. C’è insomma al fondo una visione oggettiva della realtà, in cui domina un sano ottimismo generato da una fede forte e sicura.
L’equilibrio
Oppure può trattarsi di una saggezza e di un equilibrio che evita sempre posizioni unilaterali, permettendo di non vivere in tensioni logoranti e infeconde. Ambrogio diceva alla sorella Marcellina che eccedeva nelle veglie e nei digiuni: «Ciò che vuoi fare a lungo, ogni tanto non farlo», invitando a non esagerare mai in nulla e a nutrire la propria vita cristiana di tante ricchezze diverse.
Vivere l’unità del tutto
Per noi questo vuol dire, per esempio, saper vivere insieme contemplazione e azione, vita eremitica e comunitaria, preghiera personale e corale, ecc. Aspetti apparentemente contrastanti si riuniscono in una sintesi armoniosa, in cui la persona trova in giusta misura tutti gli elementi di cui ha bisogno la sua crescita umana e religiosa. Bisogna insomma saper collocare ogni cosa nel tutto, vivendo nell’unità: il monaco vive nell’unità, riconosce di vivere un cammino verso l’unità di tutto, si sente dentro il comporsi dell’unità universale, perché è dentro l’azione dello Spirito Santo. E il monaco, ma bisognerebbe dire il cristiano, fa unità di tutto quello che vive, perché ogni cosa riconduce al significato ultimo, che è Gesù Cristo, in cui tutto ha consistenza. Qui è la vera pace, che non è assenza di vita, ma pienezza di vita. Ambrogio insegna a rifuggire ogni eccesso anche nel bene, quando ad esempio non tiene conto dell’insieme, quando è contro il buon senso, quando è contro la prudenza. Così egli stesso aveva sì rinunciato a tutte le sue proprietà in favore della Chiesa, ma prudentemente non aveva privato del sostentamento necessario la sorella, lasciando a lei l’usufrutto.
La «sobria ebbrezza dello spirito»
Il valore dominante, che in un certo senso riassume in sé e spiega l’intera spiritualità di Ambrogio, è la «sobria ebbrezza dello spirito», in cui egli vede l’atteggiamento fondamentale e generale dell’uomo che riposa in Dio.
È «ebbrezza», ma è «sobria», è posata, non è esuberanza, facile entusiasmo; infonde gioia ma non porta confusione. Si può dire che è lo stato normale in cui vive perennemente colui che ha le sue radici nella fede: la «sobria ebbrezza» nasce in noi dai sacramenti, soprattutto dall’Eucarestia e dall’incontro con la Parola di Dio.
Così «sobria ebbrezza» non è il sentimento di un momento particolare, ma una dimensione, uno spirito, nel quale vivere ogni cosa. È una sempre rinnovata comunione con Cristo, che nasce e cresce in una oggettiva partecipazione ai suoi misteri. Il cuore della nostra contemplazione e della nostra preghiera è nella vita sacramentale, nella liturgia e nella meditazione della Scrittura, perché qui ci viene donato lo stesso Cristo, il Verbo di Dio e ci viene data la vera conoscenza di lui.
Riguarda la conferenza:
“Giovanni Battista il profeta
ed Erode il tiranno” di Mons. Marco Navoni.
Introduce Mons. Cesare Pasini.