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Cero Pasquale 2023

Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente

Ger 20, 9

Il cero pasquale 2023

Da dove arriva la luce?

Proviamo a fare un esercizio di immaginazione. Penso sia capitato a tutti almeno una volta nella vita di trovarsi al buio improvvisamente: Blackout. Dopo un primo momento di smarrimento l’istinto porta a cercare una fonte di luce, qualcosa che permetta di orientarsi. Ci si muove a tentoni, le mani davanti per non sbattere e la paura dell’ignoto che ci circonda.

Mai come in questi momenti riusciamo a percepire, in modo più acuto, l’attivarsi di tutti i nostri sensi.
Forse oggi ne usciremmo facilmente accendendo la torcia del telefono, in poco tempo ci sentiremmo di nuovo al sicuro.

Dentro questa situazione abbiamo fatto però esperienza, pur breve che sia, di trovarci smarriti, fosse anche solo per un istante, e di recuperare sicurezza grazie ad una luce.  
Non capiremmo veramente la luce se non attraverso l’esperienza del buio e della notte.
Così è anche nella vita, capita di dover attraversare momenti di oscurità.

La luce che desideriamo in questi momenti di paralisi, vorremmo che fosse qualcosa di abbagliante. La luce in questione, quella in grado di rimetterci in cammino, non è però qualcosa che acceca, è più simile ad una candela in una cattedrale, è flebile, ma al tempo stesso capace di illuminare, di dare sicurezza e aiuto nell’orientamento.
Questa luce viene da una candela, e la candela è lo strumento che ha consentito all’uomo  di trasportare la luce, e di addomesticare il fuoco.

È da questo fuoco che si sprigiona la luce!

Ben diverso è trovarsi in un luogo illuminato da una lampadina, da una luce artificiale, e trovarsi invece in una stanza dove vi è, ad esempio, un camino accesso.
Il fuoco infatti non solo illumina, ma anche riscalda; è vivo e, in un certo senso, rende le cose che lo circondano anch’esse animate, conferisce loro una serie infinita di sfumature.
Il fuoco rimane acceso, emette luce e calore, possiamo dire esiste, nella misura in cui brucia qualcosa. La vita del fuoco sta nel suo ardere.

È l’esperienza che possiamo fare anche guardando il cero pasquale. Esso altro non è se non una grande candela che, con la sua luce, ci apre una via nella notte e ci conduce verso la presenza di Cristo risorto.

L’assemblea riunita che avanza alla luce del cero può sentirsi solidale con l’antico popolo di Israele. Un intero libro della scrittura, il libro dell’Esodo, racconta la storia di questo popolo che Dio liberò dall’Egitto per mano di Mosè. Il passaggio dalla schiavitù alla libertà non coincise però con l’uscita dall’Egitto, ma durerà e si snoderà in un lungo cammino: quarant’anni nel deserto. Il racconto di quanto vissuto da Israele è senza censure, al contrario mostra con trasparenza un cammino così com’è: fatto di ribellioni, di fatica, di smarrimento, di voglia di tornare indietro, di perdita di senso, di idolatria e di peccato. La durezza del cammino fa emergere una verità fondamentale: Dio non ha mai abbandonato il suo popolo. Durante tutto il viaggio infatti lo nutre, lo disseta, lo rialza, lo corregge quando necessario, insomma se ne prende cura e ne è guida, in modo tangibile: Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco, per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte (Es 13, 21).

L’itinerario di questo popolo è emblema del cammino di ogni popolo e di ogni uomo.
E il fuoco è forse l’immagine più eloquente per rileggerne l’esperienza.
Nella scrittura troviamo più volte l’elemento del fuoco in tutte le sue accezioni e antinomie.

Il fuoco è elemento per la costruzione, ma allo stesso tempo può diventare elemento distruttivo che piove dal cielo. È usato per tutti gli atti di culto verso Dio, per gli olocausti, ed è anche il luogo della manifestazione di Dio. Il Signore si relaziona con il popolo di Israele attraverso il fuoco: si rivela a Mosè da un roveto ardente (cfr Es 3,2) e, come abbiamo visto, guiderà il popolo in una colonna di fuoco (cfr Es 13,21). Il fuoco purifica la parola, prova il cuore dell’uomo e la mente. Il fuoco raffina l’oro, lo rende puro. Il fuoco è qualcosa che arde dentro e che non si può contenere (cfr Ger 20,9).

Sul cero pasquale di quest’anno troviamo una fiamma di fuoco che avvolge Mosè e il popolo di Israele in cammino. Mosè è il grande mediatore tra Dio e il popolo, né è la guida, parla con Dio attraverso il fuoco.
Del roveto ardente si parla solo una volta in tutta la scrittura e poi non se ne parla più perché si dice che Mosè, da quel momento in poi, abbia fatto suo quel fuoco al punto da portarlo dentro di sé, diventando così lui stesso lampada per i passi di Israele.
Il roveto, Mosè e il popolo sono incisi nella cera, sono concavi. Il fuoco purifica il cammino e lascia così emergere la vera materia di ciascuno, ciò di cui siamo fatti per davvero senza scorie che ci imbruttiscono. Simbolo di questa purificazione è l’oro (cfr Sir 2,5).
L’oro non è solo un colore, l’oro è materia e, come ogni materiale, più viene purificato più diventa prezioso e questa purificazione avviene attraverso il fuoco.

La prova, la tentazione sono questo crogiuolo attraverso il quale molte volte dobbiamo passare, e dove Dio non è colui che tenta, che si diverte a farci inciampare, ma è colui che non ci abbandona nella prova. Davanti alla prova e nella tentazione Dio lotta con noi. La fatica della lotta non ci è risparmiata, ma noi sappiamo che Lui è lì con noi. E di prova in prova siamo riportati sempre più alla nostra materia originale, a quel 100% di materia pura e preziosa.

Ce ne danno testimonianza i salmi: Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,/raffinami al fuoco il cuore e la mente (Sal 26, 2), provami al fuoco: non troverai malizia (Sal 17,3).

Come può essere la prova un’esperienza positiva?
Nei momenti di difficoltà siamo sempre messi alle strette, ma la crisi, se accolta, può portare in sé occasioni preziose. Nella crisi cresce la confidenza con Dio e possiamo far esperienza del fatto che, in fin dei conti, non abbiamo altro appiglio se non il suo sguardo misericordioso capace di darci luce, di riaccendere in noi il fuoco buono del suo amore.
Allora il fuoco diventa mezzo con il quale Dio ci raggiunge e ci riplasma, diventa qualcosa che ci portiamo dentro, che ci costituisce nel profondo.

Esiste gente che ha il fuoco dentro, uomini e donne che hanno dentro il fuoco e percorrono la terra regalando luce, calore, gioia. […] Il fuoco acceso in loro è ardore che li persuade a consumarsi. […] Hanno la persuasione che solo così vale la pena vivere, consumandosi, per fare luce. (Estratto da un’omelia dell’Arcivescovo Mons. Mario Delpini).

Vi auguriamo che questo fuoco possa accendersi anche in voi!
Buona Pasqua di Risurrezione.

Romite Ambrosiane
Sacro Monte di Varese,
Santa Pasqua 2023