Tutto quel che comincia
ha una virtù
che non si ritrova mai più.
Una forza,
una novità,
una freschezza come l’alba.
Una giovinezza,
un ardore.
Uno slancio.
Una ingenuità.
Una nascita che non si trova mai più.
(Pèguy, Portico del mistero della seconda virtù)
Voi, come lo immaginate un inizio? Magari gli sportivi penseranno al suono di un fischietto che dà il via alla partita; i cantanti potrebbero pensare alla nota che viene loro suggerita per intonare il canto. Io, per esempio, immagino un inizio come una prima pagina di un libro qualsiasi, non troppo scritta, con solo qualche parola di introduzione. La bellezza dell’inizio è qualcosa di unico.
È sempre bello iniziare, Cesare Pavese ce lo dice bene: “È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, in ogni istante”. Non crediate, però, che io intenda dire che iniziare una qualsiasi cosa sia solo rose, fiori, farfalle e profumi. Cominciare vuol dire prima di tutto scegliere di farlo. Ed è questa la grande difficoltà, la grande impresa: scegliere di iniziare. C’è chi dice che, una volta che si è iniziato a fare ciò che si voleva fare, si è già a metà dell’opera. Lascio a voi il giudizio su questa opinione, certamente, che si sia d’accordo o meno, dà da pensare.
La poesia di Pèguy, posta all’inizio di questo scritto, mi ha aiutato molto a schiarire le idee riguardo al tempo degli inizi di cui vorrei parlarvi e che io stessa sto vivendo.
È un tempo. Non è un momento, un istante, un via che dura solo qualche secondo. È un tempo di cui non ci è dato di conoscere la durata. Ed è un tempo pieno. Sicuramente pieno di timori per ciò che non si conosce, magari di delusioni per le aspettative che si avevano, ma è un tempo anche e soprattutto di prova. Il tempo dell’inizio è un tempo in cui si viene messi alla prova, mi hanno scritto poco tempo fa. A sentire ciò, passerebbe la voglia a chiunque di iniziare qualcosa, se sa che ci saranno solo paure, delusioni e prove da affrontare. Ecco, non si tratta solamente di questo. Pèguy ce lo dice chiaramente: in questo tempo siamo dotati di una virtù che non si ritrova mai più. Uno slancio, una giovinezza, un ardore, ma la parola che più mi commuove tra quelle che scrive l’autore è ingenuità. È normale chiedersi: “Che cosa vuoi che ci sia di buono nell’ingenuità?”. Credo fermamente, forse perché è frutto di una esperienza personale, che una sana ingenuità e una sana incoscienza siano quelle che ti permettono di iniziare qualcosa, di rispondere a una domanda, di dare forma alla tua vita, di iniziare a prenderla in mano per trasformarla in un capolavoro, come diceva san Giovanni Paolo II. Ci saranno sempre mille motivi per non fare una cosa, per restare dove si è, per non fare un passo. Ci saranno sicuramente, anzi ci sono, e alcuni di loro saranno anche molto validi, la questione è se c’è quel motivo che ti spinge ad andare oltre tutte le obiezioni che ti sono state presentate. Il tempo degli inizi è un tempo di grazia e di giovinezza che ti permette di andare a fondo, ti dà – appunto – il tempo e l’opportunità di rileggere la tua vita e di ricominciare da te. Sì, non si parte mai da zero, ma si parte sempre da quello che si è e questo non può che essere un grande vantaggio.
Non dobbiamo confondere l’inizio con la fine, la partenza con la meta, ma è bene che viviamo il principio per tutto il tempo necessario.
Non abbiate paura di restare dentro questo tempo iniziale; non abbiate paura di affrontare qualche mostro che non avete mai avuto occasione di affrontare; non abbiate paura di vivere un tempo di inizio come un tempo di grazia che può donarvi una forza che mai avreste pensato di avere. Non abbiate paura di questo, ma siatene lieti perché, come diceva Gregorio di Nissa, possiamo pensare alla vita come un susseguirsi di inizi: di inizio in inizio per inizi che non hanno mai fine.